La Certosa di Parma esce di scena con un buon risultato. Soddisfacenti gli ascolti, in linea con questo periodo dell’anno: 5 milioni e 130 mila spettatori, con uno share del 19,6% per la prima parte andata in onda domenica su RaiUno (ieri sera la seconda puntata). Certo, non sono numeri da Montalbano (quello «vero»), ma la fiction di Cinzia Ih Tonini tratta dal celeberrimo romanzo di Stendhal ha comunque strappato la vittoria nella fascia della prima serata, battendo agevolmente il Grande Fratello 12, che Canale 5 ha riposizionato senza apparenti benefici (3 milioni e mezzo, 17,3% di share). Ma i parmigiani come hanno vissuto l’appuntamento «nostrano» davanti al piccolo schermo? Elisa- betta Rastelli è una guida turistica abituata a raccontare i luoghi della città: «In questa fiction è Parma la protagonista assoluta. Città e parmigiani. Le tante comparse nostrane sono state come il coro per il Nabucco. Modena ci contende l’ambientazione del romanzo, ma sia nelle pagine di Stendhal, sia in questa riduzione televisiva non si possono avere dubbi. Le citazioni dei luoghi e il melange di fatti storici inseriti sono di qui. Un luogo che si indovina lento e piatto, dove la Sanseverina tentenna a trasferirsi perché con un’aria di scarsa mondanità, si rivela un principato vivace e passionale. Guardare la Certosa della Torrini è stato come vedere realizzata una delle lezioni che prepariamo ai turisti: palazzi, piazze e giardini all’epoca del loro splendore. Devo anche dire che calzavano a pennello nei ruoli sia il devoto conte Mosca che Rodrigo e Marie Josee: belli e bravi». Costante Di Rienzo, coordinatore dei sistemi informativi della Prefettura, ha tolto gli abiti da funzionario e in diversi set ha indossato quelli di comparsa, con tanto di basette e marsina. Logico che per le due puntate sia stato incollato alla tv. «Le riprese sono state lunghe, ripetute infinite volte, curate nei minimi particolari. Tutte le comparse, me compreso, avevamo aspettative alte rispetto alla resa televisiva della Certosa, ma che sono andate deluse. Lo sceneggiato è troppo rapido, con tagli repentini da una situazione all’altra, le scene sembrano tronche e il tutto è espresso con una velocità che non consente di cogliere di particolari che erano stati davvero rispettati nei minimi dettagli. Due sole puntate sono poche per una storia complessa e prolungata come la Certosa. Le riprese della festa da ballo, uno dei giovedì di ricevimento della Sanseverina, sono andate il ricordo di un esperienza divertentissima». Stessa impressione per Carla They, arpista di Parma che per due set è stata un’affascinante dama nei ricevimenti della corte del Principe. «I costumi bellissimi che ho potuto vedere e indossare mi avevano fatto immaginare un mondo. Dal teleschermo, invece, non è passato granché. Tra gli attori salverei solo la Sanseverina. In comune con le precedenti produzioni della Torrini ci sono state le accurate ricostruzioni negli arredi, facilitati dai nostri castelli perfettamente conservati e la cura dei particolari. Ma la storia non è decollata. La colonna sonora invece è avanti dal mattino fino a stata piacevole e azzeccata: il quartetto d’archi era davvero il dj set dell’epoca». Il regista e attore Francesco Barilli, Fabrizio Del Dongo in «Prima della Rivoluzione» (il film in cui Bertolucci aveva dato ai personaggi i nomi dei protagonisti della Certosa), commenta così il lavoro della collega Torrini: «La Certosa Rai è un prodotto. Io sono un appassionato del romanzo. Qui Stendhal non c’entra niente. Molto più inerente e più riuscita fu l’edizione di Bolognini. Ma anche uscendo dal rispetto del mezzanotte ma in tv sono durate 30 secondi. Un peccato per noi che l’abbiamo vissuta, anche se ci rimane romanzo devo dire che l’attore principale è fuori fase. Un volto da copertina, da modello, non il Fabrizio ombroso, tormentato del romanzo. Rodrigo è un ragazzo di oggi, non ha una faccia. Il prodotto offerto, grazie alla collaborazione francese, è più pregiato rispetto alle medie fiction Rai, per non parlare di quelle di Mediaset Ma lo sfarzo nei costumi è solo un imbellimento di un prodotto televisivo». D’obbligo, infine, il parere di Diofebo Meli Lupi, principe della Rocca di Soragna, uno dei set principali della lavorazione: «Da un punto vista artistico è una bella opera, non è una fiction cine-panettone e fa risaltare della fine ’700. Nella scenografia vengono rispettate due caratteristiche dell’epoca. Le corti parmensi non erano diverse da quelle europee, l’autorità, il potere si esprimeva con il lusso e con lo sfarzo. Il tipo di vita, i hanno ripetuto quella che era la realtà del tempo. E poi c’è la morale del tempo. Come rende bene l’interpretazione dell’attrice franco-canadese c’è una femminilità che appartiene ad un momento di passaggio: dal menu, i costumi l’ambiente particolare rigore religioso ad una maggiore liberalizzazione. Gina è capace di muoversi tra amore e doveri, il suo amore per Fabrizio potrebbe essere scabroso, invece ne esce la figura solo di una donna innamorata, moderna. E poi le nostre dimore storiche, da Soragna a Fontanellato a Torrechiara, sono state messi in ottimo risalto. L’altro elemento che lo sceneggiato ha rispettato è stato proprio quello di avere come protagonista principale una realtà chiara ed antica: il nostro territorio». Chiara Cabassi
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